Nei secoli passati il legame tra singolo individuo e famiglia era indissolubile e la dipendenza economica garantiva la coesione, oggi che queste condizioni non ci sono più, spetta alle singole persone determinare questi legami e renderli duraturi. Nel contesto sociale e culturale di oggi è divenuto difficile gestire questa libertà e il numero delle separazioni lo testimonia. Nonostante la separazione non sia più un evento straordinario dal punto di vista sociale lo rimane però nella vita delle persone che si trovano ad affrontarlo, per questo quando la coppia arriva in mediazione porta con sé un bagaglio di emozioni importante che ha bisogno di essere riconosciuto, espresso e contenuto.
Anche per il mediatore più orientato all’accordo finale risulta impossibile sottrarsi a questa realtà. Il mediatore deve muoversi tra le emozioni degli adulti che stanno vivendo una crisi dell’identità personale, coniugale e sociale, ma anche tra quelle dei figli che pur non essendo presenti fisicamente in mediazione, lo sono però attraverso i loro genitori.
Possiamo quindi immaginare la mediazione familiare come un contenitore di emozioni che si esprimono attraverso conflitti, che non sono che la punta di un iceberg al di sotto del quale si nascondono bisogni, interessi, paure e pregiudizi. Già dalla fase dell’accoglienza il mediatore può agire nella direzione di accogliere le persone e il loro bagaglio emotivo attraverso l’attenzione al modo di comunicare e attraverso l’utilizzo di tecniche e strumenti che ha a disposizione. Nel corso della mediazione può capire se la coppia che ha di fronte è disponibile e ha le capacità per rielaborare l’evento separativo oppure si trova intrappolata dalle proprie emozioni che non riesce riconoscerle, a chiamarle con il loro nome. In questi casi la mediazione si può trovare ad un empasse che solo la volontà della coppia stessa può sciogliere.
È importante sottolineare come in questo percorso il mediatore che intenda agire in modo empatico verso la coppia non possa non sentire risuonare dentro di sé quell’insieme di emozioni nelle quali rischia di identificarsi in positivo o in negativo. Ecco che per svolgere al meglio questa professione è richiesta una buona competenza emotiva che è fatta di abilità che vanno allenate nel tempo per riuscire a governare le proprie emozioni ma che rendono significativo e arricchente ogni incontro.